Autore: Anna Beltrametti
Descrizione: La riflessione che propongo prende le mosse dall’Edipo re di Sofocle uno dei testi tragici più noti e potenti del teatro occidentale. La data della prima rappresentazione non è documentata, ma per ragioni molto largamente e a lungo condivise negli studi è ricondotta agli anni immediatamente successivi alla peste che sconvolse Atene nel 429 a. C., dopo la prima invasione spartana dell’Attica. La tragedia, che Aristotele nella Poetica aveva riconosciuta come la migliore tragedia, non drammatizza un’azione. Mette in scena una ricerca per flashback che talvolta si contraddicono, una sorta di risalita a ritroso o di discesa nel profondo, alla scoperta delle azioni che stanno alla radice della crisi. La forte lettura di Freud ha visto rispecchiata e prefigurata nel dramma dell’Edipo antico la vicenda fondativa, personale e famigliare, dell’uomo moderno. Ma Sofocle, come la cultura in cui operava, era meno interessato ai soggetti individuali e molto di più ai soggetti sociali e ai loro ruoli, era interessato al sovrano e ai costi, consapevoli o inconsapevoli, della regalità e della sua conquista. Anche l’Edipo re come le altre tragedie di materia tebana, l’Antigone del 442 e l’Edipo a Colono postuma, è una sorta di anatomia del potere messo a fuoco, sempre, in situazioni estreme, posto alla prova del limite. Cosa poté rivelare del potere e della società una crisi totale come quella del 429 che si era abbattuta su una città soffocata nell’inurbamento coatto? Cosa ci rivela ora questa pandemia che sta tenendo il mondo in scacco, da un confine all’altro della terra, da un piano all’altro del nostro vivere globale?