(Mani&Sapone)

Autore: Andrea Marcolini

«L’arte è il percorso più breve tra un uomo e l’altro, e la musica è una scorciatoia».
Occhi attenti e vigili scrutano gruppi strumentali di un’invisibile orchestra. Il mento altèro, le linee che partono dai tratti del volto, cristallizzano la figura in una posa di austera ordinanza. I capelli scompigliati sono solo apparentemente un contrappunto, preannunciano il turbinio delle note, il tempo della musica. Il braccio destro si estende in una tensione culminante nella posa della mano, dove indice e pollice rappresentano la sintesi, cerchio di forze non ancora sprigionate che sorreggono una bacchetta immaginaria.

 

Danial Kheirikhah, 2020

Manca qualcosa?
Manca lo stilo di legno per cominciare. La sottile asticella utilizzata dai direttori d’orchestra per guidare gli strumenti. Piccolo sismografo del ritmo che abita ogni corpo in musica, esso è il riferimento orientativo che disegna nello spazio linee di crescendo e battute d’arresto.
Manca la platea, alle spalle. Quell’insieme di persone accorse all’ascolto per l’esecuzione musicale, per l’evento, partecipato ed effimero, di cui non potrà rimanere che una traccia intrinseca.
Manca il teatro, la sala da concerto, la stanza appunto, dove normalmente questo ha luogo. Dove lo spazio viene pensato in funzione dell’acustica, labirinto di onde e fasci destinato al nostro orecchio.
In questa forma d’astrazione, esponenzialmente acuita dal bianco e nero dell’immagine, tutto si riversa sulla pesantezza e nevrosi dei gesti, sul simulacro etereo e occlusivo dell’attore, moderno Buster Keaton, alle prese con una dolce ironia di questi nostri terribili giorni.

Buster Keaton, The Playhouse, 1921

Il mimo, l’attore, per avere presa su colui che partecipa, si pone in una doppia dimensione. Empatizza e agisce su due fronti. Mediante il suo mutismo isolato, condizione propria del suo corpo sulla scena e  condizione dello spettatore, di colui che guarda.  Mediante la  molteplicità re-citata dell’altro, agita di nuovo, dei gesti e movimenti di cui il mimo è solo portatore e in cui tutti noi possiamo riconoscere taluno o talaltro.
In questo momento di isolamento, di lontananza dalla vita, il corpo di Danial Kheirikhah nell’Iran colpito duramente dal virus, è la dimora perfetta di tutti noi, soli nelle nostre case, lontani dai nostri spazi abituali, ma con le voci e i gesti di tutti i nostri cari, presenti ma invisibili, di fronte a noi.

Danza Ungherese N.1 di J. Brahms (Orchestra Mani&Sapone), Danial Khierikhah